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Il primo Novecento

 
 Sventramenti in Corso Vittorio Emanuele II in corrispondenza della Chiesa Nuova. Edmondo Sanjust di Teulada, Roma, 1870- 1909.

Sventramenti in Corso Vittorio Emanuele II in corrispondenza della Chiesa Nuova. Edmondo Sanjust di Teulada, Roma, 1870- 1909.

 
 

La nuova figura dell'architetto e la nuova concezione della città italiana

Nei primi anni del Novecento viene alla luce, sotto l'egida di Gustavo Giovannoni, la nuova Scuola di Architettura. Il 18 dicembre del 1920 si riunirono i professori nella Sala delle Adunanze di via di Ripetta per discutere gli indirizzi didattici, alla presenza di Fasolo, Milani, Foschini, Piacentini. Giovannoni così ricorderà le parole di Magni in merito alle prospettive della formazione dell'architetto secondo la scuola del rinascimento: «Si scelga bene il professore di composizione, [...] gli si lasci dare la sua impronta ai giovani […], si licet parva componere magnis riandiamo col pensiero ad altri tempi in cui […] l'architettura si insegnava […] negli studi e sulle costruzioni. La scuola di Bramante»1.
Gustavo Giovannoni sarà la figura che, nella sua veste di architetto e urbanista, guiderà il pensiero sull'evoluzione della cultura architettonica di questi anni, inclusa la riscoperta delle radici nell'antico; non solo attraverso gli strumenti dell'abaco tipologico di stampo boitiano, ma anche con lo studio attento e rigoroso finalizzato alla conservazione della memoria e dell'opera degli antichi che caratterizzerà il lavoro della nascente Associazione artistica tra i cultori di architettura.
E un periodo di forti scontri metodologici tra le nascenti nuove scuole e l'esigenza trionfalistica del nuovo governo di sovrascrivere fisicamente la storia precedente.
Marcello Piacentini scriverà in «Capitolium» nell'ottobre del 1925, in critica all'assetto delle città residuale dagli sventramenti umbertini: «Roma si trova oggi in uno stato di grande angustia. Nel vecchio centro, tortuoso, spezzato, pittoresco (quello stesso di quando vi si contavano poco più di 200.000 pacifici e calmi abitanti) si dibattono e si calpestano oggi più di 800.000 cittadini, dinamici ed affaccendati, come vuole la vita. […] tutti oggi lamentiamo quel che si fece dopo il '70, si volle mantenere l’antico centro e si devastò, si tagliò, si demolì…».
 

 
 
 Galleria nazionale d\'arte moderna, veduta aerea dell\'intero fabbricato.

Galleria nazionale d'arte moderna, veduta aerea dell'intero fabbricato.

 
 

Il classicismo, il neorinascimentale e lo stile nazionale

La retorica dello stile nazionale, l'esigenza di un'arte con precise connotazioni trionfalistiche e tradizionalistiche sono fortemente presenti nella cultura ufficiale: basti ricordare il discorso del ministro Nasi all'inaugurazione dell'Esposizione universale di Torino del 1902 che invitava ad un'arte moderna "nazionale".
La condizione di antitesi tra un'arte autodefinitasi moderna e quella precedente, porta ad un periodo di stasi del linguaggio, alla ricerca di un lessico ibrido che non riesce (o rifiuta) ad interfacciarsi con gli sperimentalismi d'oltralpe, e che si autoreferenzia nella citazione manualistica dell'impostazione accademica. In questo momento storico le innovazioni del linguaggio sono rare2.
Il Palazzo del Parlamento (Basile, 1905) subisce aspre e immediate critiche perché riportava scarse caratteristiche di nazionalità. Il progetto di gusto viennese-secessionista di Piacentini per la Ristrutturazione e l'ampliamento del Cinema Teatro in piazza di San Lorenzo in Lucina (1915-1917) subirà tali e tante modifiche da figurare nella realizzazione un'architettura "romanamente" neorinascimentale con arcate intelaiate da un ordine astilo al piano terra, in cui gli unici accenni residui d'innovazione hoffmanniana si intuiscono nei “ borchioni” delle paraste e nella serie degli oculi.
In quest'ottica assume un senso di forte innovazione la figura di Cesare Bazzani, tra i pochi architetti liberty italiani, che vince il concorso per la Biblioteca nazionale di Firenze nel 1901, e per la Galleria di arte Moderna di Roma nel 1908.
In occasione delle celebrazioni del cinquantenario dell'Unità italiana, l'attività del comune era volta alla realizzazione di due esposizioni: l'una etnografica e regionale sulla riva destra del Tevere, con padiglioni provvisori, l'altra, artistica e internazionale, nell'ex Vigna Cartoni, ai piedi della villa Borghese, per l'occasione ribattezzata col nome di Valle Giulia. In questa occasione, Bazzani realizzò il collegamento tra villa Umberto e valle Giulia come accesso al suo Padiglione italiano, che poi divenne sede della Galleria d'arte moderna. La monumentale scalea, con le sistemazioni a giardino e le fontane che la dovevano fiancheggiare, costituisce una delle migliori realizzazioni in questo campo in Italia nel corso del Novecento3.
 

1 G. Muratore, Uno sperimentalismo eclettico, in Storia dell'architettura Italiana. Il primo Novecento, a cura di G. Ciucci e G. Muratore, Milano, Electa, 2004.
G. Accasto, R. Nicolini, V. Fraticelli, L'architettura di Roma capitale: 1870-1970, Roma, Golem, 1971.
3 La terza Roma: lo sviluppo urbanistico edilizio e tecnico di Roma capitale, a cura di S. De Paolis e A. Ravaglioli, Roma, Fratelli Palombi, 1971.
 

 
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