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LAMBERTUCCI, Alfredo

 

Alfredo Lambertucci.

 
 

Montecassiano (MC), 19 marzo 1928 - Roma, 10 aprile 1996

Studia a Roma prima all'Accademia di Belle Arti e poi presso la facoltà di Architettura di Valle Giulia, dove consegue la laurea nel 1953.  
La sua presenza nella facoltà prosegue dopo la laurea con incarichi di insegnamento senza interruzione fino alla sua morte. Dal 1954 al 1966 è assistente incaricato presso la cattedra di Elementi di Composizione del professore Roberto Marino, partecipando attivamente alla sperimentazione per la riforma del corso degli studi in architettura. Consegue la libera docenza in elementi di composizione nel 1964, e ne è poi professore incaricato dal 1967, e ordinario dal 1981. 
Negli anni della formazione universitaria si lega alla generazione che affrontava con entusiasmo la sfida della ricostruzione, favorito anche dalla ridotta dimensione della facoltà, allora frequentata quotidianamente.  
Lavora come disegnatore presso gli studi professionali di alcuni docenti della facoltà per mantenersi gli studi, e queste esperienze concorrono a costruire una solida formazione professionale parallela a quella accademica. La produzione artistica, e in particolare pittorica, cominciata da autodidatta prima di trasferirsi a Roma per gli studi, è una costante che affianca la sua attività di progettista e docente, soprattutto dopo la metà degli anni Settanta, quando realizza una grande quantità di tele astratte di ottima fattura (G. Rosa, Lo studio della forma attraverso la pittura, in A. L. Architetto, pp. 14-17). 
L'esordio dell’attività professionale coincide con la realizzazione della chiesa parrocchiale di Consalvi (Macerata, 1953), in cui l'edificio sacro si configura come un piccolo borgo rurale inserito nella campagna circostante, ed è testimonianza gia matura della capacità di controllare ed integrare i parametri dell’organizzazione dello spazio, della struttura, e della forma in organismi dalla semplicità complessa ed elaborata. 
Nel 1955 vince, con l'amico e collega Claudio Dall'Olio, il concorso di architettura per il nuovo Istituto di Farmacologia dell'Università di Roma, da realizzarsi in un lotto interstiziale della Città Universitaria, accanto all'Istituto di Botanica di G. Capponi: l'edificio è realizzato tra il 1958 e il 1959, ed anche in questo caso, la frammentazione del programma in elementi con chiara identità volumetrica è assunta a fondamento del progetto, in risposta alle particolari condizioni planimetriche ed altimetriche del lotto. 
E’ continua la partecipazione a vari concorsi di architettura, con esiti sempre di eccellenza, come quelli per il complesso scolastico di Cremona (primo premio, 1955), per il motovelodromo olimpico di Roma (terzo premio, 1955) e per l'inclusione nell'elenco dei progettisti INA Casa, in cui poté affrontare il tema della residenza che diventerà il suo campo di interesse principale nella professione, nella didattica e nella ricerca universitaria.  
È del 1956 il progetto per il quartiere INA Casa a Rimini, con C. Dall'Olio, M. De Rossi, A. Nonis, F. Rossi.  
Nel 1958 progetta la nuova sede della casa editrice Laterza a Bari, in via Sparano da Bari, costruendo un edificio particolarmente innovativo nelle soluzioni formali come nel programma edilizio, utilizzando il piano terra per negozi, il primo e il secondo per gli uffici del committente e i restanti cinque piani per appartamenti. 
Nel 1960 vince il concorso bandito dalla XII Triennale per una scuola a Rovigo, di seguito realizzata, e il concorso per un complesso edilizio misto a Ferrara, del 1960. 
Sul tema della casa di abitazione confluisce l'impegno dell'attività universitaria e la ricerca applicata a progetti di concorso e a concrete occasioni professionali. In particolare, nell'ambito della residenza pubblica, la sua posizione culturale emerge con chiarezza nel concorso di selezione ISES (Istituto per l'edilizia sociale) di Secondigliano (1965), nel progetto dell’unità residenziale di Spinaceto (1966), nel complesso residenziale IACP a Ferrara (1969), nelle case di Vigne Nuove a Roma (1972), nel progetto per il Tuscolano presentato al concorso In/Arch dell'ANIACAP (Associazione nazionale Istituti autonomi e consorzi case popolari) per tipologie edilizie residenziali (1973), nel progetto di ristrutturazione della borgata Primavalle a Roma (1976), nell'ambito della ricerca GESCAL (Gestione case per lavoratori) sull'edilizia residenziale. Alcuni sono progetti realizzati, altri proposte di studio e di ricerca applicata, ma in tutti sono rintracciabili i nodi concettuali sui quali si concentra l’impegno compositivo: la chiarezza dell’impianto planimetrico, la netta distinzione tra le viabilità carrabili e pedonali, l'attenzione al dettaglio costruttivo evidente già nei lavori di esordio, la forza dell'immagine architettonica giocata con la definizione plastica degli elementi e delle relazioni reciproche.  
Tra il 1967 e il 1971 realizza il palazzo di Giustizia di Macerata, considerato da Bruno Zevi una delle architetture più rappresentative del XX secolo, dove affianco alle consuete preoccupazioni progettuali, ne emergono altre inedite relative all’ espressione e al controllo della scala dimensionale. 
Negli anni a Roma in cui il problema politico e sociale dell'emergenza abitativa diviene più acuto, è chiamato a dare un contributo ai programmi di investimento dell'IACP, progettando il complesso di Vigne Nuove, nella zona Bufalotta, tra le vie Salaria e Nomentana, con un impegnativo programma di 524 alloggi. Sebbene facesse parte di un gruppo coordinato dall'ingegnere Lucio Passarelli, gli va riconosciuta la paternità della soluzione architettonica. Il lotto di forma casuale, vagamente triangolare, consente di recuperare alcune idee delle sue prime esperienze di case popolari e di realizzare dieci piani fuori terra, scanditi dal ritmo delle torri scala cilindriche tutte esterne al corpo di fabbrica. Le testate sono definite con accurati accorgimenti spaziali a deformare l'ortogonalità. Un fitto tessuto di servizi, quali asili, una palestra, strutture aggregative e commerciali, con i campi sportivi all'aperto, innerva a pettine il livello del suolo dell'insediamento. 
Nel 1973 costruisce una casa per la sua famiglia a Genzano, cittadina dove più tardi lavorò a vari progetti: la casa sintetizza in modo particolarmente significativo la capacità di produrre organismi chiari e sereni nella loro definizione, eppure in grado di fornire una risposta convincente ed adeguata - anche poeticamente - al vasto spettro di questioni poste dal paesaggio, dalla modellazione del suolo, dal rapporto tra spazi interni ed esterni. 
E’ l'ultimo direttore dell'istituto di progettazione della facoltà di Architettura di Valle Giulia, prima della trasformazione in Dipartimento, in cui poi continua l'impegno appassionato e costante per la scuola che ha caratterizzato la sua vita di architetto e intellettuale. 
Ancora attivo sul tema della residenza sociale, esegue su commissione dell'assessore al Centro storico di Roma Carlo Aymonino, il progetto non realizzato per un isolato al Testaccio (1983-85). In questa prova viene controllato con perizia il tema dell'inserimento di un brano di architettura contemporanea in un contesto storico, riuscendo ad ipotizzare una piazza nell'isolato incompiuto e risolvendo l'attacco all'isolato esistente con un edificio a torre dalle definizione volumetrica controllata ed eloquente. 
Negli ultimi lavori viene messa a punto la definizione di alcuni stilemi, come le coperture voltate per Testaccio e per le case a schiera di Genzano (1980-82), interpretando validamente alcuni elementi della tradizione costruttiva romana.
Dal 1986 al 1990 progetta con lo studio Valle il campus per la II Università di Roma a Tor Vergata, in un'area esterna al grande raccordo anulare, adiacente all'autostrada Roma-Napoli. Il piano, che comprendeva la scala territoriale e l'impostazione architettonica delle facoltà e degli altri edifici previsti, subì vari aggiornamenti che causarono discussioni interne al gruppo di progettazione, determinando il suo progressivo allontanamento dal controllo della fase esecutiva. 

La biografia è tratta da Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio, Archivio  Alfredo  Lambertucci Architettoa cura di A. Farris, Roma, 2015, pp. 3-4.

 

 

Archivio Alfredo Lambertucci
Lambertucci Alfredo. Inventario, a cura di A. Farris, coordinamento di E. Reale (Soprintendenza Archivistica Lazio).

Bibliografia
G. Rosa, Realtà, disegno, forma. Architetture di Alfredo Lambertucci, Edizioni Kappa, Roma 1983. 
«Parametro», XVIII (1987), 162, numero dedicato ad Alfredo Lambertucci. 
Alfredo Lambertucci  architetto
, in «Ricerca e progetto», IV (1996), 8, numero monografico con contributi di G. Rosa, G. Mainini, L. De Licio, A. Sajeva, V. Giorgi (con regesto delle opere). 
«Edilizia Popolare», 1995, 239, numero dedicato ad Alfredo Lambertucci, con scritti di M. Costanzo, V. Giorgi.