Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

 
Servizio Archivistico Nazionale
 

Archivi degli Architetti

 
Cerca nel Portale
 

Torino, Chiesa e convento di San Bernardino da Siena, Giuseppe Gallo, 1891-1954

 
 Giuseppe Gallo, disegno della pianta e delle sezioni trasversali verso l\'ingresso e verso l\'abside della cappelletta di San Antonio da Padova e del dettaglio dei piloni e raggera del Bambino, 1900.

Giuseppe Gallo, disegno della pianta e delle sezioni trasversali verso l'ingresso e verso l'abside della cappelletta di San Antonio da Padova e del dettaglio dei piloni e raggera del Bambino, 1900.

 
 

Autori: Giuseppe Gallo e Bartolomeo Gallo.

A pochi minuti di strada dalla barriera di San Paolo, in un'area popolata soprattutto dagli operai che lavorano nelle vicine officine ferroviarie, Giuseppe Gallo realizza a partire dal 1891 la sua prima opera di rilievo: la chiesa costruita per i Minori francescani e intitolata a San Bernardino da Siena. Nell'aprile del 1891 il progetto è completato e l'appalto viene attribuito all'impresario Andrea Verna, che effettua un ribasso del 24 per cento sull’importo delle opere computato da Gallo. Il 13 aprile iniziano i lavori e il 28 giugno dello stesso anno viene posata la prima pietra. La benedizione della chiesa, che ne sancisce l'apertura al culto, è del 15 luglio 1893, alla presenza di monsignor Giovanni Battista Bertagna, vescovo di Cafarnao.  I lavori, tuttavia, non sono ancora conclusi: nel 1896 il campanile (sul quale interviene nel 1899 l'impresa Culatti) non è terminato e mancano parte degli arredi, tra i quali gli stalli del coro. Nel 1901 viene portata a termine la cappella di Sant'Antonio e si completa il cielo del pulpito. Gallo tornerà a lavorare sull'edificio ancora negli anni successivi al 1917. Nell'agosto di quell'anno, infatti, l'edificio è dato alle fiamme durante i disordini sociali che caratterizzano la città; i rivoltosi appiccano il fuoco all'interno dell'edificio, svellono la porta esterna, le vetrate, la bussola, l'organo e danneggiano l'altare maggiore. Anche gli arredi, utilizzati per erigere barricate, vengono in parte distrutti. I necessari lavori di restauro sono intrapresi l'anno successivo, sebbene la guerra renda difficoltoso il reperimento dei materiali. La perizia per il restauro della chiesa prevede anche rinforzi statici e il rifacimento della volta che copre la campata davanti al presbiterio. 

Per la sua prima opera importante Gallo opta per il linguaggio neomedievale, scelto probabilmente in riferimento all'epoca in cui visse il santo (1380-1444). La pianta longitudinale a tre navate si fonda su un’impostazione geometrica di tipo proporzionale, che tornerà con frequenza nella maggior parte dei suoi progetti. Si tratta di un principio di modularità fondato sull’aggregazione di quadrati di 3,90 metri di lato che definiscono un rettangolo i cui lati sono in rapporto 4 a 9. Gli spazi tra le navate sono scompartiti da pilastri polistili che sorreggono volte a crociera anch’esse quadrate (2 x 2 moduli per complessivi 7,80 metri di lato). La navata centrale ha dunque larghezza doppia rispetto a quelle laterali. Sul quarto quadrato è collocato il presbiterio, con l'altare maggiore, rialzato e separato con una balaustrata dagli spazi riservati ai fedeli, mentre un ulteriore quadrato di due moduli si protende oltre il lato corto del rettangolo di base a definire l'area del coro per i monaci. Il breve transetto è concluso da absidi poligonali. Anche gli spazi per gli altari laterali, per i retrostanti coretti, così come quelli per gli accessi laterali alla chiesa (con la sovrastante tribuna per l’organo e l’orchestra) hanno tutti le dimensioni di un modulo. Questa chiara impostazione planimetrica concorre in modo evidente a definire la spazialità cartesiana dell’edificio, uno spazio misurato nitidamente secondo un principio compositivo e proporzionale al tempo stesso. Il modulo dimensionale definisce infatti anche la scansione degli alzati: ribaltato, esso stabilisce l'esatta metà dell’altezza dei pilastri polistili, considerata dalla base sino alla sommità del capitello (misura corrispondente anche alla distanza tra gli spigoli delle basi dei pilastri stessi: la larghezza della navata è uguale all’altezza della colonna dalla base al capitello). La proiezione del modulo sulle colonne è segnata dalla più bassa delle due modanature che le caratterizza. La scansione delle crociere e degli slanciati pilastri in marmo verde di Roja definisce all'interno uno spazio vicino alle esperienze francesi di Louis-Auguste Boileau e alla tradizione di Eugène Viollet-le-Duc, ma anche memore degli spazi disegnati da Henri Labrouste. Una via mediana tra medievalismo «razionalista» d'oltralpe e suggestioni locali che Gallo ha potuto maturare, con tutta probabilità, nell'ambito della Scuola di Applicazione per gli Ingegneri.
Il sistema voltato a crociera richiede il contrasto di contrafforti che, lungo le navate laterali, consentono di ricavare lo spazio per i confessionali, mentre in facciata si risolvono nel sistema del muro di sostegno alla tribuna dell'organo. All’esterno, lungo i fianchi dell’edificio, i contrafforti sono gerarchizzati in funzione delle spinte sostenute: quelli posti in corrispondenza degli archi delle crociere maggiori giungono sino alla gronda del tetto, mentre i contrafforti minori, posti in corrispondenza delle crociere delle navate laterali, si alternano ai maggiori, risultando meno sporgenti e arrestandosi al disotto della cornice in cotto che segna la navata laterale.
Angelo Reycend, professore di architettura presso la Scuola di Applicazione torinese, commentando la nuova costruzione dalle pagine della «Edilizia Moderna», rileva in positivo il carattere strutturale e insieme decorativo di questi elementi che concorrono «colla loro forma speciale caratteristica dei contrafforti di molte chiese piemontesi del XV secolo, a dare varietà e ricchezza ai prospetti medesimi». Lo stesso Reycend, che pure polemizza con Gallo su aspetti sostanziali del progetto, sottolinea inoltre «la semplice e opportuna disposizione della pianta e degli alzati, la logica distribuzione delle masse, le buone proporzioni dello insieme e delle parti singole; il partito che, con evidente naturalezza, l'architetto ha saputo trarre dall'ossatura della fabbrica per la esterna decorazione della medesima, sono pregi intrinseci di questo edificio, che tornano a tutta lode del suo autore, il quale in questa, come in altre opere sue (e l'elenco ne è a tutt'oggi, lungo parecchio), dimostra di sapere penetrare addentro allo spirito delle architetture cui va, volta a volta, chiedendo ispirazione». Negli interni, un Neogotico ricco di guglie, pinnacoli, archi ogivali polilobati caratterizza gli arredi, la cui progettazione e realizzazione procede negli anni, ben oltre il completamento dell'edificio. Gallo disegna infatti minutamente di sua mano tutti gli oggetti liturgici e gli arredi mobili, sino nei minimi particolari: gli altari (alcuni disegni datano al 1906) con le cornici per i trittici dipinti (per i quali gli studi preliminari già definiscono in modo preciso l'iconografia delle pale); la cassa d'organo; gli stalli e i leggii del coro; gli inginocchiatoi; il pulpito ligneo (1901); i confessionali; il fonte battesimale; il cancello della balaustra; le pile dell'acquasanta; sino alle carteglorie, ai doppieri, ai candelieri, al becco a gas, ai crocifissi, alla croce del campanile. Disegni in una scala mai minore dell'1 a 10, che testimoniano l'attenzione per ogni aspetto della progettazione, spinto sino al disegno al vero delle gugliette e dei pinnacoli del baldacchino ligneo. Gli interni dell'edificio sono inoltre arricchiti dalla decorazione a rilievo su stucco lucido delle pareti verticali. Anche le vetrate, con cornici a fiori o palmette e campi a treillage, vengono disegnate in piccolo formato da Gallo, a china e acquerello, privilegiando una tavolozza di colori ocra, di rossi e di verdi per la cui esecuzione interviene il pittore Pietro Guglielmi, autore anche dei dipinti su vetro posti negli scompartimenti laterali dell’a ltare maggiore e raffiguranti San Francesco d'Assisi e San Pietro d'Alcantara.
All'esterno, il quadrato di 2 x 2 moduli base che caratterizza la navata centrale è coerentemente riproposto sui fianchi laterali e definisce lo spazio tra i contrafforti, mentre in verticale determina esattamente la distanza tra il cornicione e la cornice in cotto che corre al piede delle finestre. Il portale è realizzato in marmo di Viggiù, scolpito a foglie di rose, a rami di vite e passiflora con colonnine in marmo verde della Roja e sovrastato dal mosaico del timpano che raffigura il Redentore. Gli archetti pensili, il pluteo che sovrasta la facciata, così come gli altri elementi a vista come le colonnine dei pinnacoli sono realizzate in litocemento.
Insieme alla chiesa viene inoltre edificato l'antistante convento; in ossequio alla regola francescana, ma anche in accordo con un principio al quale Gallo sarà sempre fedele, la parte residenziale del complesso viene realizzata con grande semplicità, in contrapposizione evidente con la ricchezza decorativa della chiesa, programmaticamente rivolta al coinvolgimento spirituale ed emotivo dei fedeli. Si tratta di un corpo a due piani, in mattone a vista, con semplici cornici in cotto a dente di sega. Sotto il profilo architettonico, l’edificio sembra porsi in rapporto con quella tradizione di chiara e semplice organizzazione funzionale e distributiva espressa dalle migliori architetture neoromaniche di matrice lombarda. L'edificio a manica semplice si apre sul portico di distribuzione voltato a crociera, definendo un chiostro quadrato che riprende la più tradizionale delle impostazioni planimetriche conventuali. La costruzione raccoglie sia gli ambienti privati sia i locali comunitari, come il refettorio, la biblioteca e la sala capitolare. Alle spalle del chiostro un «cortile rustico», sul quale si aprono la stalla e la tettoia che funge da fienile, completa gli spazi di servizio. I due edifici risultano relativamente poco costosi: 110.000 lire il convento, 132.450 lire la chiesa, nonostante l'uso di marmi e le raffinate lavorazioni artigianali; economicità che costituisce una costante nei cantieri di Gallo, non ultima tra le ragioni che negli anni successivi ne decreteranno la fortuna nel contesto della Curia piemontese.
 
Estratto da M. VOLPIANO, Giuseppe Gallo. L'Architettura sacra in Piemonte tra Ottocento e Novecento, Allemandi, Torino, 2002, pp. 87-89.
 

Archivio Giuseppe e Bartolomeo Gallo (1882-1967)
Rubrica personale di G. Gallo, lettera B. L'inaugurazione è registrata nella «Gazzetta Piemontese» del 21 maggio 1894, dove l’edificio è definito di «stile italiano di transizione tra il lombardo e l’archiacuto»;
Pratiche, Torino, San Bernardino da Siena, 25 bis, Relazione di Perizia dei danni prodotti alla chiesa di S. Bernardino da Siena in Torino, e dei lavori di restauro occorrenti, febbraio 1918; Relazione di Perizia dei lavori di restauro eseguiti alla Chiesa Parrocchiale di S. Bernardino da Siena alla Borgata di San Paolo di Torino, 3 luglio 1918.

Bibliografia
I. Arneudo, Torino sacra illustrata nelle sue chiese nei suoi monumenti religiosi nelle sue reliquie, Giacomo Arneodo editore, Torino, 1898, pp. 32-336.
A. Reycend, Chiesa e convento di San Bernardino da Siena, in Torino, in <<L'Edilizia Moderna>>, V (1896), pp. 25-28, tavv. XV-XVII.