La Biennale di Venezia: Architettura per le mostre / Architettura in mostra
Alla Biennale di Venezia fu il Belgio a realizzare il primo padiglione straniero su progetto di Léon Sneyers nel 1907, poi radicalmente rivisto da Virgilio Vallot nel 1948.
La Mostra internazionale d'arti belle nasce nel 1895 ad opera del sindaco di Venezia Riccardo Selvatico, in occasione del festeggiamento delle nozze d'argento dei Sovrani d'Italia. L'insediamento della manifestazione avviene nell'area dei Giardini pubblici di Castello realizzati agli inizi dell'Ottocento da Gian Antonio Selva, determinando le scelte urbanistiche e la destinazione di questa parte della città nonché le successive espansioni al Lido degli anni Trenta. All'area espositiva dei Giardini, che rappresenta oggi uno dei luoghi più eccezionali in Italia per la presenza di opere di architettura progettate dai grandi maestri dell'architettura moderna, si aggiunge agli inizi del 1980 una parte consistente dello storico complesso dell'Arsenale.
Il Padiglione centrale (ex
Padiglione Italia)
I cambiamenti nell'area dei
Giardini hanno un prologo con la
costruzione, nel 1887, di un edificio
provvisorio attestato sul bacino di
San Marco e destinato ad ospitare la
prima Esposizione Artistica Nazionale
di Venezia: la facciata è progettata
da Raimondo
D'Aronco. Il palazzo Pro Arte,
all'interno dei Giardini, vede la
luce nel 1895 su disegno del pittore
Marius de Maria che erige un pronao
in stucco e gesso. Diversi interventi
di ampliamento e riorganizzazione
interessano l'edificio in ragione
della crescita della mostra, tra cui
la cupola ottagonale dipinta da
Galileo Chini nel 1909, coperta nel
1928 da Giò Ponti e riportata alla
luce nel 1986. Ernesto Basile nel
1907 e Daniele
Donghi nel 1914 si cimentano sul
prospetto con proposte non realizzate
ed è, infine, Guido Cirilli a
costruire la nuova quinta
rappresentativa della Biennale,
ancora una volta in stucco e gesso
ornata da due torrette
laterali.
La trasformazione dell'edificio in
Padiglione Italia, risultato di una
successiva aggregazione di
"capannoni" senza un preciso
criterio, è opera di Duilio Torres
che interviene solo sul prospetto
conservando la curvatura con
l'aggiunta di quattro colonne e un
attico. Anche Carlo
Scarpa, dopo aver realizzato nel
1952 il cortile delle sculture, la
biglietteria d'ingresso, ed essersi
occupato a più riprese della
riorganizzazione dei percorsi e degli
spazi interni, interviene sul
prospetto nel 1962 e nel 1968.
Cogliendo il contrasto tra la
retorica esterna e l'incongruenza
degli spazi interni, Scarpa rompe il
prospetto prima con una serie di
muretti in mattoni poi con dei setti
che lasciano intravedere il
precedente pronao.
Tra le vicende dell'area dei Giardini
dedicati alla Biennale, si inserisce
un altro episodio importante per
Venezia: il progetto non realizzato
per il Palazzo dei congressi e nuovo
padiglione per la Biennale di Louis
Kahn del 1969; un progetto di ampio
respiro che si confronta con la scala
urbana.
I padiglioni stranieri
Dopo il successo delle prime
esposizioni, a partire dal 1907 viene
alimentata la vocazione
internazionale della Biennale con la
costruzione dei nuovi padiglioni
stranieri, inizialmente finanziati,
per motivi di promozione, dal Comune
di Venezia. È il Belgio a realizzare
il primo padiglione straniero su
progetto di Léon Sneyers nel 1907,
poi radicalmente rivisto da Virgilio
Vallot nel 1948, cui fa seguito il
Padiglione dell'Ungheria nel 1909 con
un progetto in stile
"viennese-magiaro" di Géza Maróti. In
pochi anni, nei Giardini trovano
spazio una decina di nuovi padiglioni
che nel corso del tempo vengono più
volte risistemati o sostituiti. Nel
1932 la Biennale si espande oltre il
Rio dei Giardini con il Padiglione
Venezia di Brenno Del Giudice; in
questa area Josef Hoffman realizza a
più riprese, tra il 1934 e il 1956,
il Padiglione dell'Austria lasciando
alla Biennale e alla città, secondo
Bruno
Zevi, «una testimonianza preziosa
della prima generazione del movimento
moderno». Altri noti architetti del
movimento moderno si succedono nella
progettazione dei padiglioni
stranieri: si deve a Gerrit Rietveld
la costruzione nel 1954 del
Padiglione dell'Olanda, in
sostituzione di quello eretto nel
1912; allo studio B.B.P.R.
(1956-1957) il Padiglione del Canada
in forma di spirale di Archimede
generata dall'ottagono che include
gli alberi preesistenti. Alvar Aalto
progetta un edificio smontabile
"provvisorio" per il Padiglione della
Finlandia, che viene realizzato in
legno e spedito direttamente da
Helsinki; Sverre Fehn, nel 1962,
realizza quella che, insieme al
Padiglione del Venezuela di Carlo
Scarpa (1954-1955), è ritenuta una
delle migliori opere realizzate nei
Giardini della Biennale: il
Padiglione dei Paesi scandinavi. Il
cemento armato è un linguaggio nuovo
nell'area dei Giardini che Scarpa e
Fehn declinano ciascuno con poetiche
mirabili e irripetibili. Un'altra
opera di Carlo Scarpa, il Padiglione
del libro, distrutto da un incendio,
verrà infine ricostruito nel 1991 su
progetto dell'architetto inglese
James Stirling.
I Padiglioni dei Paesi sono una
caratteristica molto importante della
Biennale di Venezia rinnovata dopo il
1998. Una formula antica di presenza
degli Stati eppure viva e vitale più
che mai. Preziosa in tempi di
globalizzazioni, perché ci dà il
tessuto primario di riferimento sul
quale possono essere osservate e
meglio evidenziate le autonome
geografie degli artisti, sempre
nuove, sempre varie. Ci si può
chiedere in che misura questi
Padiglioni portino con sé, per quanto
ampia sia l'autonomia lasciata ai
curatori, anche desideri di
rappresentazione del Paese che li
organizza. Ognuno ha la sua storia e
il suo stile. Si può senz'altro dire
che in essi i Paesi rivelano il ruolo
attribuito all'arte contemporanea
quale messaggera del loro presente e
della loro ricchezza culturale. Ma
dai Padiglioni vengono anche
rivelazioni su realtà e ricchezze più
profonde di quelle delle pretese o
consuete immagini ufficiali e
stereotipate.